Alla luce che si fa notte e poi muta ancora e schiara in giorno 

santo quel giorno di luce pervaso e d’ombre

luminose oscurità ove tutti i pensieri posano

lampanti tra materia iridescente e vuoto d’abisso

un’eco armonica – canto

Silente come luce invoco

salvezza giungere

e il corpo rivivere

della pietra la forza

della madre la speranza

Canto di gioia

sale e s’apre

come sacro sepolcro

e traccia 

d’una divina immemore scordanza, la scia iridescente d’una presenza oltretempo

Ahi, luce da luce ferita

s’invola e passa qual segno d’oltrecielo

a fare luce, o qual’essenza danzante

a rischiarare giungi

e posi sottile bagliore trasfigurato in puro e santo candore

E tu, alma gravida d’una materia lucente 

d’ogni forma cangiante e viva

ad occhi chiusi sognanti d’un colpo

t’involi a magnificare

a mostrare a immaginare a fare credere

D’infinito, io mutata e persa a splendere mi provo

tutto d’incanto sommo e lucente

in divenir ti trovo per spazio cosmico vagando

solo di un canto lieve mai sazio 

smuovi balugini e m‘accendi: io in te materia inafferabile mi faccio luce 

e vivo!

Maria D’Ambrosio

Pasqua, 12 aprile 2020

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