In un periodo “storico” come quello che stiamo vivendo, è lecito, se non addirittura doveroso fare una riflessione su dove l’evoluzione del Mondo ci abbia portato o ci stia portando. Abbiamo per anni, sentito parlare di “Rivoluzione Tecnologica”. Abbiamo iniziato a sentirne parlare alla fine degli anni 90’, allorquando l’utilizzo dei telefoni cellulari mobili ebbe un’impennata globale. Il loro costo iniziò a scendere, e a poco a poco, in soli venti anni sono diventati strumenti di condivisione totale e parte integrante delle nostre vite. Internet, i Social, lo Smart Working, l’interattività, il Crowfunding, le Startup, la digitalizzazione, l’E-Commerce. 

Tutto questo ci ha reso partecipi della rete, tutti siamo stati ingabbiati in essa.  E come tutte le invenzioni umane c’è chi ha saputo sfruttarla a proprio vantaggio e chi invece ne è rimasto preda. 

Ma nessuno ne è stato escluso.

Eccola, la rivoluzione tecnologica, che corre e ci costringe a correre insieme a lei. 3G, 4G, 5G; la velocità sembra essere un limite solo per il nostro pensiero. Ed è così che ci siamo ritrovati a viaggiare con i voli Low Cost, a comprare biglietti Interrail, a iniziare avventure di Travel Blogger, Travel Photoghrapy e Influencer. Abbiamo disperatamente cercato “casa” nostra altrove, in un mondo che ci consentiva di guardare molto oltre la semplice icona di Windows. E come se non bastasse, chi cercava di rallentare veniva costretto a correre dalla crisi finanziaria, dalle borse che andavano a picco, dai debiti, dallo Spread, dal sistema consumistico. Il mondo del lavoro così come lo conoscevamo, veniva ripensato, con nuove generazioni desiderose di partire, andare, sempre meno attaccate ai propri territori; la mobilità è stata solo una conseguenza; nemmeno un’imposizione.

Lo smembramento di quei diritti che i lavoratori negli anni hanno, a fatica, acquisito con lotte di classi, sono stati spazzati via dal più bieco liberismo economico. E ci è anche piaciuto, quasi ci avessero fatto un favore. Eravamo in catene e agognavamo la libertà.

Libertà di Istruzione, di andare all’Università, di partire per l’Erasmus, di attendere che terminati gli studi qualcuno ci dicesse cosa fare, dove andare, come trovare il nostro posto nel mondo.

Siamo una generazione senza legami, senza catene, senza costrizioni. E per questo abbiamo dimenticato chi eravamo. E adesso non sappiamo più dove vogliamo andare.

Una scena cult di un film recitava: 

la pubblicità ci fa inseguire le macchine e i vestiti, fare lavori che odiamo per comprare cose che non ci servono; siamo i figli di mezzo della storia. Non abbiamo né uno scopo né un posto; non abbiamo la grande guerra, né la grande depressione. La nostra grande guerra è quella spirituale, la nostra grande depressione è la nostra vita. Siamo cresciuti con la televisione che ci ha convinto che saremmo diventati sportivi, divi del cinema, rockstar, miliardari. Ma non è così, e lentamente lo stiamo imparando.

(Fight Club, 1999 – David Fincher)

Un tempo per la meraviglia alzavamo al cielo lo sguardo sentendoci parte del firmamento, ora invece lo abbassiamo preoccupati di far parte del mare di fango.

(Interstellar, 2014 – Christopher Nolan)

È in questo marasma sociale, dove nessuno o quasi, ha più certezza del domani, che arriva la nostra “Guerra”. 

Un nemico invisibile, che ci costringe a distanziarci (come se non l’avessimo già fatto parlando con una pseudo modella brasiliana che dall’altra parte del mondo ci ammiccava dei like); che ci obbliga a evitare contatti, che ci impone di non abbracciarci, di non ridere uni sugli altri come facevamo sovente nei, rari seppur comodi, momenti di spensieratezza.

 Antropometrie – Guggenheim Museum – Bilbao ,Yves Klein

Eccola la nostra grande guerra; la stiamo affrontando, con consapevolezza, desiderosi di uscirne. E sono in molti a riflettere, durante questi giorni.

Su vastissimi temi; avrei voluto una casa più grande, mi sarebbe piaciuto vivere in campagna, avrei dovuto prendere un cane, avrei dovuto dedicare maggior tempo alla mia famiglia, ai rapporti sociali con i miei, avrei dovuto parlare con mio padre, sorridere a mio fratello, evitare rancori tra di noi. La cella che ci tiene chiusi ci obbliga a riflettere, nessuno escluso, e anche Internet adesso sembra essere solo un posto, che non ci basta più.

Ci siamo; stiamo acquisendo consapevolezza. Sappiamo che comunque, in ogni caso, sarà cambiato tutto. Dentro di noi potremo anche negarlo tentando di tornare alla vita di prima, ma la consapevolezza verrà a prenderci. Siamo pronti, finalmente alla nostra rivoluzione sociale.

A non pensare più che ci basti un nuovo paio di scarpe per sentirci meglio di ieri. A vivere pensando non a cosa vorremmo, ma a cosa abbiamo. Io ci credo, saremo migliori. Troveremo il modo per esserlo. Dobbiamo farlo. Ce lo chiedono le urla assordanti dei figli che non abbiamo ancora e di quelli che non avremo mai. Abbiamo il dovere di consegnargli un mondo che sia migliore, o che almeno ci provi. 

E questo momento, quello della consapevolezza ci invita a piedi scalzi dentro una canzone di Bob Dylan, in una presa di coscienza di noi stessi, degli altri, di ciò che ci circonda; siamo ormai incamminati, scalzi, assetati, stremati; ma abbiamo ancora energia e travalicheremo ciò che è stato finora.

Mario Sagnella, studente, artigiano e fotografo

Vivo in un paese straniero ma sto per attraversare il confine,
la bellezza cammina sul filo del rasoio, un giorno la farò mia.

Venne verso di me con grande grazia e mi tolse la corona di spine
“Entra” – disse lei – “Ti darò riparo dalla tempesta”

Bob Dylan – Shelter From The Storm 

Album :Blood On Tracks 1975

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